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Nel sito di Gobekli Tepe sono state rinvenute molte ossa ma nessuna sepoltura intenzionale; l’archeologo Klaus Schmidt non ha escluso che presso il santuario possano aver avuto luogo sacrifici umani. Recenti indagini condotte su tre crani recuperati a Gobekli Tepe da un team di studiosi tedeschi coordinati dall’archeologa Julia Gresky potrebbero confermare questa ipotesi; l’analisi al microscopio ha evidenziato profonde scanalature incise lungo il piano sagittale e poiché non è stata evidenziata alcuna ricrescita ossea lungo i margini trattati si evince che le incisioni furono praticate dopo la morte, presumibilmente dopo la decapitazione. Inoltre la presenza di pigmenti di ematite (ocra rossa) su uno dei teschi fornisce un’ulteriore prova a dimostrazione del fatto che nel trattamento delle ossa si fece ricorso a qualche tipo di pratica rituale. Perforazioni nelle parte superiore del cranio dimostrerebbero inoltre che i teschi furono appesi con delle corde.
Presso Cayönü, un sito neolitico situato sulle colline pedemontane del Tauro, a soli 150 km da Gobekli Tepe, è stato rinvenuto un accumulo di teschi umani sepolti sotto una lastra d’altare tinta con sangue umano che potrebbero essere interpretati come resti di vittime sacrificali. Il ‘culto del teschio’ ha radici antiche e fu diffuso in Medio Oriente già a partire dal neolitico preceramico. Al teschio si attribuivano proprietà protettive e dunque presso numerose culture vennero praticate decorazioni e incisioni su questa parte dello scheletro umano.

Il sito di Cayönü riveste un ruolo fondamentale nel panorama del Neolitico preceramico dell’Anatolia sud-orientale e dato che il suo sviluppo andò di pari passo a quello di Göbekli Tepe può aiutarci a ricostruire l’identità culturale delle persone che costruirono il monumentale santuario.

Skulls Bulding Cayönü, l’edificio conteneva 70 crani umani posti in una serie di nicchie . fonte immagine

Si può discutere se queste prove possano o meno dimostrare il ricorso al sacrificio umano durante le prime fasi del neolitico, mentre è certo che tale pratica fu impiegata nel Levante attorno al II millennio a.C. dal popolo dei Fenici e non solo. Il sacrificio umano fu usanza diffusa anche durante le fasi iniziali della storia egizia e sumera, sebbene con finalità differenti; testimonianze archeologiche dimostrerebbero infatti che alla morte di un sovrano faceva seguito il sacrificio rituale di tutta la sua corte. Anche nella Bibbia ci sono molti riferimenti alla pratica del sacrificio umano, stigmatizzandola e proibendola. È questo il senso del “sacrificio di Abramo”: al posto del figlio Isacco, in obbedienza a Dio, egli sacrifica un ariete. Il fatto che questa pratica fosse probità dalle sacre scritture è già di per sé una testimonianza della sua esistenza nel Medio Oriente Antico.

Il sacrificio umano è una delle pratiche più abominevoli mai concepite dall’uomo e la sua attuazione è talmente efferata da far pensare che possa aver avuto origine soltanto in contesti sociali profondamente stressati. Qualora fosse confermato il ricorso alla pratica del sacrificio umano durante il Neolitico preceramico ci si deve domandare quale fu il logoramento sociale che determinò il suo impiego e quali furono i risultati auspicati dall’uomo durante la sua attuazione; a quel punto sarebbe chiaro che l’adattamento alla vita stanziale e agricola non fu quel percorso spontaneo e ingegnoso idealmente immaginato, ma piuttosto un processo tortuoso costellato da tentativi, spesso infruttuosi, e assoggettato all’imprevedibilità degli eventi climatici, e dunque al volere delle forze dalla natura o degli dei. E’ tale volere che l’uomo tentò di corrompere con un’offerta, che a seconda dell’importanza della richiesta poteva assumere un valore sempre maggiore, fino a richiedere il sacrificio dalla vita di un uomo. Ma sacrificio non riguarda soltanto il passato; il simbolo del sacrificio è ancora una realtà viva nelle religioni dell’epoca contemporanea.

Una niccia all’interno dell’edificio denominato Skulls Bulding. fonte immgine

La maggior parte dei convincimenti religiosi pervadono la psiche incoraggiando alla rinuncia degli istinti, dei desideri e degli interessi personali, in sostanza alla rinuncia di sé in nome di Dio, mentre in casi più estremi possono incarnarsi nelle motivazioni di un martire, come nel caso dei Kamikaze mussulmani. Solitamente l’uomo occidentale moderno si avvicina al tema del sacrificio spinto da una naturale curiosità e da un interrogativo sostanziale: comprendere come un atto apparentemente tanto efferato possa essere stato uno dei più potenti strumenti cultuali e propiziatori della religione antica, che come ogni religione “prometta di sollevare gli esseri umani dalla sofferenza e dalla presenza del male” (Fabietti, 1999, p. 2).

Eppure la storia, e in modo particolare la storia odierna, documenta fin troppo bene le barbarie perpetrate in nome della religione – guerre di conquista, maltrattamenti verso altri esseri umani e animali, massacri, violenze – che non dovremmo stupirci troppo dell’uso distorto che l’uomo può fare di certe idee. Ma quando ci occupiamo del sacrificio, trattiamo qualcosa di diverso e più enigmatico; non si tratta semplicemente di una pratica ambigua legittimata dalla religione, ma di un’azione che, come dice la sua stessa etimologia latina, fonda la religione ed è strettamente compenetrata con il sacro. Il termine sacrificio, dal latino sacrum facere, “render sacro”, significa letteralmente “mettere a contatto una cosa con il sacro”, farla passare dalla condizione profana alla dimensione divina. Dunque il sacrificio non è solo un aspetto accessorio e marginale della religione ma è l’atto religioso per eccellenza, ed esso comporta – e qui sta il vero problema – un’azione per così dire “negativa”: l’uccisione di una vita o la distruzione di un oggetto (mediante la combustione). Ecco dunque l’ambiguità: nel sacrificio un atto di violenza o incenerimento implica effetti benefici e trasformativi; una morte provocata conferisce forza, energia a chi la infligge, alimenta il dio o il rapporto con il dio .

Tratto da Il sacrificio nell’Israele antico, Evoluzione dei rituali e delle credenze dall’età nomade all’epoca persiana (IV sec. a.C.)” Tesi di dottorato di Costanza Ratti. Relatore: Chiar.mo prof. Enrico Giannetto. Anno Accademico 2014/2015

fonti:
https://advances.sciencemag.org/content/3/6/e1700564/tab-figures-data
https://scienze.fanpage.it/teschi-incisi-per-macabri-rituali-scoperta-la-prima-prova-di-un-antico-culto-neolitico/
Il sacrificio nell’Israele antico, Evoluzione dei rituali e delle credenze dall’età nomade all’epoca persiana (IV sec. a.C.)” Tesi di dottorato di Costanza Ratti. Relatore: Chiar.mo prof. Enrico Giannetto. Anno Accademico 2014/2015

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Divulgatore storico esperto in archeoastronomia.
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