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Lo storico francese Fernand Braudel all’interno del suo libro “Memorie del Mediterraneo” scrisse:
“Bisogna vedere il mare e rivederlo. Naturalmente esso non può spiegare tutto di un passato complesso, costruito dagli uomini con una dose più o meno elevata di logica, di capriccio e di aberrazione, ma rimette con pazienza al loro posto le esperienze del passato, restituendo a ognuna i primi frutti della sua esistenza, e le colloca sotto un cielo, in un paesaggio che possiamo vedere con i nostri occhi, uguali a quelli di un tempo. Per un momento, di attenzione o di illusione, tutto sembra rivivere.”
Il complesso templare di Mnajdra si affaccia sul Mar Mediterraneo con tre edifici megalitici separati, nei quali si distinguono almeno due delle principali espressioni architettoniche prodotte dall’antica società preistorica dell’isola di Malta: quella dei templi con facciata a tre portali (3600-3000 a.C.) e quella dei templi a facciata ricurva con portale unico (3000-2600 a.C.). I blocchi di pietra calcarea impiegati nella costruzione dei templi furono reperiti nei dintorni dell’area designata ad ospitare le costruzioni e probabilmente non fu necessaria alcuna operazione per staccarli dalla roccia dato che tutto il promontorio abbonda di macigni già fratturati naturalmente. I costruttori selezionarono i più adatti alle loro esigenze e li sbozzarono con rudimentali strumenti litici fino ad ottenere la forma desidera. Il trasporto dei macigni dovette richiedere l’impiego di moltissimi uomini, le asperità del terreno impedivano il trascinamento dei blocchi più grandi e di conseguenza è probabile che vennero fatti rotolare poco per volta utilizzando delle leve come mezzo di spinta. Il complesso di Mnajdra mostra architravi e blocchi orizzontali in quota di peso variabile (compreso tra 900 e 15.000 kg). Si pensa che vennero sollevati fino all’altezza di 3 metri poco alla volta mediante l’utilizzo di leve e muretti ausiliari, alzati a loro volta gradualmente fino al raggiungimento dell’altezza desiderata. Il trasporto e la messa in opera di un singolo blocco poteva dunque richiedere settimane di lavoro e uno sforzo di natura fisica che ad oggi potrebbe sembrare inconcepibile. L’uomo arcaico, tuttavia, era abituato a questa condizione dal momento che la sua sopravvivenza dipendeva da un’ampia serie di attività che richiedevano quotidiana pazienza e dedizione al lavoro.
I templi di Mnajdra furono costruiti in successione nell’arco di 500 o 1000 anni, perciò il loro sviluppo stilistico e strutturale riflette in parte l’evoluzione sociale della comunità preistorica maltese. I templi A e B mostrano elementi architettonici comuni e una relativa povertà di arredi litici. Il tempio A è il più piccolo ed è caratterizzato da un’entrata a tre portali e da una pianta trilobata, mentre le dimensioni ridotte dei macini impiegati inducono a pensare che sia anche il più antico. Il tempio B ricalca nello stile il primo ma a differenza di quest’ultimo fu sviluppato su una pianta pentalobata utilizzando macigni di dimensioni maggiori. Alla sinistra del tempio B, sorge il tempio C, il più complesso per ricchezza di arredi e varietà dei locali che lo costituiscono.
Descrizione del Tempio C (per verificare la descrizione del tempio C utilizza fig.5)
Agli ambienti interni del tempio C vi si accede attraversando il portale che domina la facciata ricurva realizzata con blocchi ciclopiche. La valenza simbolica del portale è indiscutibile dato che identifica il passaggio tra il mondo profano e quello sacro. Il primo ambiente contiene due absidi laterali, quella di destra è collegata a due vani laterali multivalenti, quella di sinistra, invece, contiene arredi litici funzionali allo svolgimento di determinate attività divinatorie.
Il vano più interessante dell’abside destra non è accessibile dall’interno del tempo, ma è collegato ad esso per mezzo di uno spioncino largo poche decine di centimetri (fig.4). Questa particolare caratteristica ha dato credito a speculazioni più o meno fondate riguardo il suo utilizzo, tuttavia è logico ipotizzare che fosse un ambiente oracolare destinato a contenere un elemento di culto che per motivi iniziatici non poteva essere mostrato a tutti. Al centro della parete occidentale si trova un secondo portale che conduce ad un ambiente più ristretto e privato.
A centro di questo ambiente si trova un’absidiola con altare che risulta perfettamente allineata con i due portali megalitici sull’asse Est-Ovest. Anche se non abbiamo indicazioni in merito alle attività religiose praticate al suo interno si può tranquillamente ipotizzare che fosse l’ambiente più importante di tutto il complesso. L’allineamento con l’altare conferisce ai portali un valenza simbolica, perlopiù legata all’idea di “passaggio”, inteso come accesso ad un livello più profondo, che al tempo stesso poteva essere sia fisico che spirituale. A destra e a sinistra dell’altare si aprono altri due ambienti, quello di sinistra contiene un altare a forma di fungo, mentre quello di destra potrebbe essere una sala assembleare riservata ad esponenti di rango elevato.
Orientamento astronomico del tempio C
L’astronomia fu una delle prime scienze ad essere praticate dall’uomo. I nostri antenati, fin dalla preistoria, non si limitarono al ruolo di semplici spettatori dei fenomeni astronomici e grazie a ripetute osservazioni scoprirono un nesso tra i moti celesti e l’alternarsi delle stagioni. Tra i movimenti ricorrenti dell’ingranaggio cosmico individuarono i riferimenti necessari a misurare il tempo e sulla base di questi compilarono dei calendari convenzionali utili al fine di organizzare tutte le attività umane, da quelle religiose a quelle necessarie al sostentamento.
La progressione stagionale del Sole divenne oggetto di profonde venerazioni e credenze, le quali influenzarono i convincimenti religiosi che emersero all’alba dell’età della pietra.
Oggi l’archeoastronomia combina gli studi di archeologia con quelli di astronomia, indagando la conoscenza e la comprensione che gli antichi abitanti della terra avevano dei fenomeni celesti, come li utilizzavano e il ruolo che questi avevano all’interno delle loro culture. Il complesso templare di Mnajdra, sull’Isola di Malta, è uno dei più antichi esempi di architettura monumentale al mondo e una delle prime opere umane ad unire le funzioni religiose a quelle calendariali. I due portali del Tempio C sono disposti lungo un asse che risulta orientato verso l’alba equinoziale, che corrisponde all’Est preciso (fig.5).
Questo allineamento permette l’illuminazione dell’altare collocato al centro del secondo ambiente durante l’alba equinoziale. Se ci trovassimo all’interno del tempio e guardassimo verso l’esterno potremmo osservare il Sole mentre sorge al centro del portale principale (fig.6). Il portale che divide gli ambienti interni, invece, è un vero proprio calendario solare capace di rilevare il periodo necessario a far sì che un certo numero di eventi si ripetano. Conoscere con precisione il giorno dell’anno in cui avvengono determinati eventi astronomici era indispensabile al fine di stabilire quali fossero i momenti più opportuni in cui svolgere le attività necessarie al sostentamento e le funzioni religiose. Gli antichi riconobbero i movimenti del Sole e individuarono i quattro momenti principali che segnano approssimativamente le transizioni stagionali (solstizi ed equinozi) osservando il punto in cui cade la luce del Sole all’alba di ogni mattina.
Ho realizzato un filmato che mostra nel dettaglio il funzionamento del calendario solare di Mnajdra. Grazie a questo strumento gli antichi costruttori potevano programmare tutte le attività, da quelle divinatorie a quelle necessarie al sostentamento.
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