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Cronologia dei periodi Nazca:

  • 100 a.C. – 100 d.C. – Proto Nazca
  • 100 d.C. – 450 d.C. – Nazca Antico
  • 450 d.C. – 550 d.C. – Nazca Centrale
  • 550 d.C. – 750 d.C. – Tardo Nazca

I Nazca furono una antica cultura preincaica nota per i suoi pregevoli manufatti tessili e ceramici, per la costruzione di complessi sistemi idrici sotterranei e per la realizzazione di enormi geoglifi chiamati “Linee di Nazca“. La società Nazca emerse nel corso del I secolo a.C. nell’arido deserto costiero del Perù meridionale, nell’odierna regione di Ica. L’insieme delle conoscenze tecniche, sociali e spirituali che contribuirono a formare l’identità culturale di questo popolo vennero assorbite in gran parte dalla cultura Paracas, un’altra popolazione preincaica fiorita nel IV secolo a.C. nella medesima aria geografica. L’organizzazione politica del territorio Nazca era suddivisa in modesti domini e centri religiosi dislocati nelle vicinanze di Cahuachi (foto in testata), un grandioso centro cerimoniale formato da innumerevoli terrazze, terrapieni e piazze; in questo luogo sono state recuperate eccezionali ceramiche policrome, tessuti variopinti e un vasto campionario di oggetti riconducibile ad un utilizzo prevalentemente religioso. La società Nazca era guidata da un’autorità centrale formata in gran parte da sacerdoti eruditi che coordinavano tutto il lavoro comunitario e le attività divinatorie. Al servizio di questa casta si trovava infatti un grande numero di operai semplici e artigiani specializzati, tra i quali figuravano ceramisti, tessitori, astrologi e soldati; essi abitavano nei piccoli insediamenti localizzati in prossimità del complesso cerimoniale, mentre agricoltori, allevatori e pescatori, erano maggiormente dispersi nel territorio. Alcuni di questi piccoli insediamenti vennero riadattati durante il dominio inca, come nel caso del sito di Los Paredones, un piccolo insediamento Nazca ricostruito secondo i canoni architettonici andini.

Concezioni religiose

I convincimenti religiosi del popolo Nazca non sono chiari, tuttavia si presume che le difficoltà di sussistenza originate dalla natura aspra del deserto abbiano incoraggiato l’adorazione di tutti gli elementi naturali e di tutti gli animali favorevoli al benessere dell’uomo e contemporaneamente abbiano fatto sorgere un senso di timore e rispetto per tutti gli eventi naturali avversi. Gli artisti Nazca raffigurarono divinità antropomorfe, animali selvatici ed altri elementi naturali di vario genere pertanto è logico ipotizzare che essi credettero che attraverso l’adorazione degli spiriti della natura avrebbero ottenuto condizioni climatiche e ambientali favorevoli alla sussistenza. Questa esigenza era motivata dal fatto che il benessere della società era direttamente collegato al clima e al delicato sistema agricolo, in particolare alla coltivazione in ambiente desertico di mais, zucca, patata dolce e manioca. Per sostenere il cospicuo bisogno idrico richiesto delle attività agricole vennero realizzati complessi acquedotti sotterranei chiamati puquios, canali d’irrigazione e vasche di raccolta. Tuttavia questo sistema poteva risultare insufficiente a garantire il costante bisogno idrico qualora la stagione umida non avesse fatto cadere una sufficiente quantità d’acqua sui promontori orientali, facendo di conseguenza abbassare il livello della falda acquifera che alimentava il sistema idrico Nazca. Al contrario estreme precipitazioni avrebbero generato un flusso d’acqua tale da provocare l’erosione dei canali. Questa circostanza sembra essere stata la causa principale del declino della società Nazca. Sulla base di recenti studi condotti dai ricercatori dell’Università di Cambrige è stato ipotizzato che El Niño abbia innescato alluvioni diffuse e distruttive. Le prove suggeriscono anche che gli effetti delle inondazioni siano stati aggravati dal graduale abbattimento degli alberi di Prosopis pallida che proteggevano il terreno dall’erosione che di fatto lasciò i sistemi di irrigazione all’asciutto.

La ceramica e i tessuti

Le ceramiche Nazca si distinguono da quelle prodotte dalla precedente tradizione Paracas; la decorazione post-cottura con pigmenti resinosi venne sostituita con quella a pre-cottura su ingobbiatura con una policromia di colori vivaci. Bottiglie con beccuccio doppio, ciotole, tazze e vasi compongono un vasto campionario di forme decorate con immagini variopinte stilisticamente catalogabili secondo una cronologia di nove fasi. La fase 1 (chiamata Proto-Nazca) è caratterizzata da immagini di elementi realistici, come frutta, piante, persone e animali. Il realismo aumentò di importanza nelle fasi 2, 3 e 4 (denominate fasi Monumentali); in queste fasi il soggetto principale veniva rappresentato su uno sfondo rosso, nero o bianco. Nella fase 5 si verificarono importanti sperimentazioni stilistiche e un aumento delle rappresentazioni sovrannaturali (fase Transizionale). I motivi delle fasi 6 e 7 includono invece elementi decorativi astratti, in particolare raggi e ornamenti geometrici, sopratutto a contorno dei soggetti mitici. La fase 8 vide invece l’introduzione di figure completamente sconnesse e un’iconografia geometrica difficile da decifrare probabilmente riconducibile all’avvento della cultura Wari e al conseguente spostamento di potere verso gli altopiani. La cultura Nazca, come tutte le altre società precolombiane del Sud America, inclusa quella Inca, non  possedeva un sistema di scrittura pertanto l’iconografia e i simboli dipinti sulla ceramica servirono come mezzo di comunicazione. I potenti spiriti della natura vennero rappresentati sotto forma di creature antropomorfe, animali o essere mitici per metà uomo e per metà animale. I soggetti mitici principali sono: l’essere mitico antropomorfo, l’uccello orribile, la mitica balena assassina, il gatto maculato, l’uomo felino e il volto radiato. Scene di guerra, decapitazioni e sciamani riflettono invece altri aspetti della cultura di Nazca.
I Nazca sono anche noti per i loro tessuti tecnicamente complessi realizzati dalle donne nei luoghi di abitazione mediante l’utilizzo di telai ad incastro. Le immagini rappresentate sui tessuti erano grossomodo equivalenti a quelle utilizzate per la decorazione delle ceramiche. Scialli, abiti, tuniche, cinture e borse sono stati recuperati dagli scavi archeologici a Cahuachi e in altri siti, sopratutto nelle tombe dato che vennero inclusi con i beni tombali all’interno dei luoghi di sepoltura. I tessuti avevano anche un ruolo rituale dato che i corpi dei defunti venivano avvolti totalmente o parzialmente in tessuti decorati.

Linee di Nazca

Su un’arida superficie che si estende per più di 500 chilometri quadrati si trovano le enigmatiche Linee di Nazca. Nel complesso si possono contare 13.000 linee, centinai di figure geometriche tra le quali decine di spirali e circa 800 figure animali e vegetali. Le linee di Nazca sono in realtà geoglifi negativi, ovvero disegni creati sul terreno rimuovendo le pietre sedimentarie dalla superficie del deserto, in maniera da ottenere un contrasto cromatico con il chiaro pietrisco sottostante. Il deserto di Nacza non è ventoso e le precipitazioni sono pressoché assenti, una particolare condizione che ha favorito il mantenimento delle linee fino all’epoca moderna.
I geoglifi di Nazca possono essere classificati in tre diverse categorie (linee, piste e disegni) dunque è logico ipotizzare che a ciascuna di esse venisse assegnato un significato e una funzione differente. Alcune linee sono orientate verso i luoghi che gli antichi Nazca consideravano sacri, altre verso direzioni significative dal punto di vista astronomico. Nel deserto di Nazca esistono quattro o cinque punti rilevanti dai cui dipartono a raggiera piste e linee che dividono presumibilmente il tempo e lo spazio secondo una logica impossibili da decifrare dato che non sappiamo quali fossero le stelle più importanti del cielo Nazca. Le rappresentazioni animali e vegetali, invece, potevano essere utilizzate per invocare o ingraziare i potenti spiriti della natura ed è possibile che venissero percorse da oranti durante i riti divinatori al fine di attirare le condizioni climatiche favorevoli alla sussistenza dell’uomo.

Manuel Bonoli