Descrizione astronomica dell’evento
L’inclinazione dell’asse di rotazione terrestre, 23°27′ rispetto alla perpendicolare del piano dell’eclittica, determina il cambiamento delle stagioni andando a mutare nel corso dell’anno l’angolo di incidenza con cui i raggi del Sole raggiungono la superficie del pianeta. Il ciclo delle stagioni di un emisfero è l’opposto di quello dell’altro, quando è estate nell’emisfero boreale è inverno nell’emisfero australe e quando è primavera nell’emisfero boreale è autunno nell’emisfero australe. Se l’asse di rotazione terrestre fosse perpendicolare al piano che contiene l’orbita della Terra durante la sua rivoluzione attorno al Sole non esisterebbero le stagioni dato che l’esposizione al calore e alla luce di una determinata porzione del pianeta sarebbe costante in ogni momento dell’anno.
Il solstizio è il momento astronomico in cui il Sole raggiunge, nel corso del suo moto apparente lungo l’eclittica, il punto di declinazione massima o minima; ciò significa che il solstizio d’estate e il solstizio d’inverno rappresentano rispettivamente il giorno più lungo e il giorno più corto dell’anno (in termini di ore di luce). Il solstizio ricorre due volte all’anno: il Sole raggiunge il valore massimo di declinazione positiva nel mese di giugno, segnando l’inizio dell’estate boreale e dell’inverno australe, e negativa nel mese di dicembre, marcando l’inizio dell’inverno boreale e dell’estate australe.
Il solstizio ritarda ogni anno di circa 6 ore rispetto all’anno precedente perciò viene riallineato forzatamente ogni quattro anni in corrispondenza dell’anno bisestile. Questo ritardo è dovuto al fatto che la Terra impiega 365 giorni e 6 ore per completare una rivoluzione attorno al Sole. L’aggiunta di un giorno al calendario ogni 4 anni è perciò necessaria al fine di evitare il lento ma progressivo spostamento dei solstizi e delle stagioni rispetto alla loro consueta posizione sul calendario gregoriano. Il crescente ritardo accumulato nell’arco di 4 anni e il successivo riallineamento forzato fanno oscillare la data del solstizio d’estate tra il 20 e il 21 giugno e la data del solstizio d’inverno tra il 21 e il 22 dicembre.
Antiche osservazioni
I nostri antenati notarono le quotidiane variazione del moto solare e la loro influenza su ciclici mutamenti della natura, concludendo nell’arco di molto tempo che il Sole è vita e che senza il suo benefico abbraccio nessuna creatura animale o vegetale potrebbe esistere. Grazie a ripetute osservazioni si accorsero che il Sole non sorge in unico punto fisso sull’orizzonte e che la durata della fase diurna aumenta e diminuisce in maniera ciclica determinando il cambiamento delle stagioni. Constatarono che a seguito del periodo di minima illuminazione (solstizio d’inverno) il punto in cui sorge Sole si sposta di giorno in giorno verso Nord e che l’ampiezza dell’arco solare aumenta progressivamente fino al giorno in cui raggiungeva la sua massima estensione (solstizio d’estate). A seguito di questa fase, invece, osservarono l’esatto opposto; ovvero che il Sole inverte il proprio moto apparente, che il punto di levata inizia a spostarsi di giorno in giorno verso Sud e che l’ampiezza dell’arco solare diminuisce progressivamente, fino a raggiungere nuovamente il momento di minima illuminazione (21 dicembre). un movimento che nel complesso venne immaginato come una spirale che allarga gradualmente l’ampiezza del suo raggio.
Il bisogno di comprendere il perché delle cose determinò un lento ma costante accrescimento del sapere umano e l’evoluzione un pensiero filosofico/scientifico che divenne più profondo nel corso della rivoluzione neolitica; pertanto il Sole e la sua progressione stagionale divennero oggetto di profonde venerazioni e credenze che influenzarono i convincimenti religiosi più complessi emersi all’alba dell’epoca storica. L’uomo sviluppò infinite credenze di tipo divinatorio nel tentativo di comprendere la natura degli eventi e in tal senso si può affermare che l’indagine dei meccanismi celesti ha da sempre contribuito a rafforzare il legame tra l’uomo e le sue credenze
Solstizio d’inverno e Natale, la rinascita del Sole
Nel nostro emisfero, mentre l’anno volge al termine, le notti si allungano e le giornate si accorciano, fino al giorno del Solstizio invernale. Il 21 dicembre il buio della notte raggiunge la massima estensione e la luce del giorno la minima, mentre il 22, 23 e 24 dicembre avviene un fenomeno particolare, il Sole sorge apparentemente nello stesso punto dell’orizzonte. Il termine solstizio, dal latino solstitium, ovvero “Sole fermo”, è dovuto proprio a questo particolare fenomeno. Il 25 dicembre, dopo tre giorni di apparente staticità, le giornate iniziano ad allungarsi, la luce del giorno ricomincia progressivamente ad aumentare e il buio della notte a ridursi fino al successivo solstizio d’estate (21 giugno).
Il giorno del solstizio d’inverno cade il 21 dicembre, ma l’inversione apparente del moto solare diventa visibile soltanto il 25 dicembre. Il Sole giunge il culmine della sua fase più debole nel giorno del solstizio d’inverno, precipitando simbolicamente nell’oscurità, ma poi ritorna vitale e “invincibile” dopo 3 giorni. Proprio il 25 dicembre sembra rinascere; ha cioè un nuovo “Natale”. La relazione tra la principale festività cristiana e il solstizio d’inverno non può essere considerata una casualità.
Antichi monumenti orientati verso l’alba solstiziale
I monumenti di pietra ebbero un ruolo decisivo nello sviluppo delle prime comunità preistoriche accentrando i convincimenti spirituali di società ampie e segmentate, garantendo così l’evoluzione e il mantenimento di una precisa identità culturale. Molti monumenti antichi furono costruiti rispettando un determinato orientamento astronomico e in modo da segnalare con precisione il giorno del solstizio. Già in epoca neolitica vennero realizzati monumenti orientati verso l’alba solstiziale. Newgrange è un tumulo preistorico irlandese del III millennio a.C. costituito da una cinta muraria perimetrale realizzata con pietre di quarzo bianche e scure, e da un altra cinta più larga creata con grandi monoliti chiamati “kerbstone”. Molti di questi macigni sono decorati con motivi a spirale, compreso quello collocato davanti all’accesso del tumulo. Il simbolo della spirale è un tema artistico ricorrente dell’arte parietale preistorica che equiparava i cicli stagionali del Sole ai convincimenti spirituali emersi attorno al concetto di “vita, morte e resurrezione”. L’interno del tumulo è percorso da un lungo corridoio che conduce alla camera sepolcrale che ospitava i resti cremati dei defunti. Sopra alla porta esterna del tumulo fu creata una piccola apertura quadrata (roofbox) che nel giorno del solstizio d’inverno permette ai raggi del Sole di penetrare nel corridoio per illuminare la camera sepolcrale. Il solstizio d’inverno è il momento astronomico che annuncia la rinascita del Sole e data questa associazione si presume che le luci dell’alba che una volta all’anno penetrano l’oscurità del tumulo fossero un auspicio di rinascita dopo la morte. Questo allineamento, frequentemente proposto nei tumuli di pietra, dimostra che il ciclo del Sole aveva un ruolo molto importante nell’ambito dei culti preistorici e che il solstizio d’inverno era simbolicamente collegato al concetto di morte e rinascita.
Questa concezione la ritroviamo anche in Egitto, nel tempio funerario di Hatshepsut, la regina che governò il regno tra il 1478 e il 1458 a.C. (XVIII dinastia), diventando la seconda donna ad acquisire il titolo di faraone dopo Nefrusobek della XII dinastia. Il suo santuario funerario, realizzato in onore della divinità solare Amon-Ra, è orientato verso l’alba del solstizio d’inverno. Il 21 dicembre la luce del Sole attraversa la porta della terrazza superiore e penetra fino alla parete posteriore del santuario di Amon. Questo fenomeno conferma l’allineamento solstitiale del tempio mettendolo al pari di altri monumenti dell’Antico Egitto e dell’intero mondo antico. Anche le cappelle di Hathor e Anubi sono allineate con l’alba sostiziale, rafforzando il significato simbolico del fenomeno.
Il ciclo del Sole aveva un ruolo molto importante nell’ambito dei culti egizi e il solstizio d’inverno era simbolicamente collegato al concetto di morte e rinascita.
Un faro d’orientamento
L’astronomia fu una delle prime scienze ad essere praticate dall’uomo. I nostri antenati, fin dalla preistoria, non si limitarono al ruolo di semplici spettatori dei fenomeni astronomici e grazie a ripetute osservazioni scoprirono un nesso tra i moti celesti e l’alternarsi delle stagioni.
Tra i movimenti ricorrenti dell’ingranaggio cosmico individuarono i riferimenti necessari a misurare il tempo e sulla base di questi compilarono dei calendari convenzionali utili al fine di organizzare tutte le attività umane, da quelle religiose a quelle necessarie al sostentamento. Il solstizio d’inverno è un evento astronomico che si ripete ciclicamente e dopo intervalli regolari di tempo, una sorta di unità di misura astronomica utile al fine di misurare lo scorrere del tempo e cicli stagionali.
Il complesso templare di Mnajdra, sull’Isola di Malta, è uno dei più antichi esempi di architettura monumentale al mondo e una delle prime opere umane ad unire la funzione religiosa a quella calendariale. I due portali del Tempio C sono disposti lungo un asse che risulta orientato verso l’alba equinoziale, direzione che corrisponde all’Est preciso. Il portale che divide gli ambienti interni, invece, è un vero proprio calendario solare capace di rilevare il periodo necessario a far sì che un certo numero di eventi astronomici si ripetano. Conoscere con precisione il giorno dell’anno in cui avviene il solstizio d’inverno e altri eventi astronomici era indispensabile al fine di stabilire quali fossero i momenti più opportuni in cui svolgere ogni tipo di attività. Gli antichi riconobbero i movimenti del Sole e individuarono i quattro momenti principali che segnano approssimativamente le transizioni stagionali (solstizi ed equinozi) osservando il punto in cui la luce del Sole cade all’alba di ogni giorno.
A nord di Lima, nell’arido deserto costiero peruviano, si trova Chankillo, un antico centro culturale preincaico del IV secolo a.C. dedicato all’osservazione dei cicli solari. Le tredici torri di Chankillo sono disposte da nord a sud lungo la cresta di una collina naturale formando una struttura simile ad una dentatura. Questa costruzione dimostra quanto fosse importante la misura del tempo anche nel mondo andino. Da un punto prestabilito si può osservare il Sole mentre sorge al centro della dentatura durante l’alba equinoziale, e alle due estremità durante le albe solstiziali. La bellezza di questo strumento astronomico è quasi poetica. La dentatura nella quale il Sole va ad incastrarsi durante le sue fasi stagionali rende alla perfezione l’idea di un ingranaggio perfetto che incessantemente ripete il suo movimento avanti e indietro fin dalla notte dei tempi. Sulla base dello stesso principio venne costruito il tempio Kalasasaya di Tiahuanaco, un calendario di pietra progettato per rilevare le date esatte di equinozi e solstizi, i fari d’orientamento che l’uomo antico utilizzava per misurare il tempo.