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I sumeri occuparono la Mesopotamia tra il IV e il V millennio a.C., integrandosi con le culture semitiche di Uruk e di Ubaid che abitavano già in queste zone. I sumeri conseguirono innovazioni fondamentali in ogni campo raccogliendo e rielaborando l’enorme eredità culturale lasciata dalle etnie che in Medio Oriente furono protagoniste durante la “Rivoluzione neolitica“. Questo popolo esplorò a fondo il significato dell’esistenza, creando con le proprie interpretazioni una profonda e complessa mitologia che in seguito fu assorbita e rielaborata dalle successive civiltà mesopotamiche e non solo. Gli scavi archeologici effettuati in Mesopotamia, sulle collinette di detriti che un tempo furono prosperi agglomerati urbani, hanno portato alla luce numerosi testi sumeri e post-sumeri scritti in caratteri cuneiformi, tra cui compaiono trattati economici, elenchi amministrativi, inni, scongiuri, invocazioni e piccoli poemi. Dagli scritti recuperati si è appreso quali fossero i principi teologici di coloro che costruirono la prima civiltà urbanizzata della storia, nonché gran parte della loro complessa organizzazione sociale e politica.
Malgrado l’abbondanza di fonti scritte, tracciare un quadro completo dei convincimenti religiosi sumeri risulta ancora molto complesso. La peculiare organizzazione politica delle città-stato incentivò la formazione di credenze discordanti che nell’arco di tutta l’epoca sumera non furono mai unificate sotto un unico grande credo. Oltre a ciò è opportuno ricordare le difficoltà incontrate dai sumerologi nel comprendere la scrittura sumera e la sua evoluzione e che questa non può documentare dal principio lo sviluppo dell’identità culturale di questa civiltà peoichè il sistema di scrittura raggiunse un livello d’espressione complesso soltanto nel corso del III millennio a.C..
I sumeri furono molto sensibili ai grandi problemi religiosi di ogni tempo: chi sono gli dèi, come è nato l’universo, perché è stato creato l’uomo e quale è il suo destino sulla terra e nell’aldilà? Le loro risposte a questi quesiti fondamentali non sono, è vero, sempre chiare, né vi si può dire che essi abbiano trovato risposte adeguate per ogni problema. Dobbiamo però riconoscere che i sumeri hanno discusso queste tematiche con una razionalità e logica veramente sorprendenti.
Tratto da “I sumeri” di Giovanni Pettinato. Edizione Bompiani
Il pantheon sumero comprende un numero spropositato di divinità, ma non tutte venivano adorate in egual misura e in ogni luogo. Ciononostante esisteva un gruppo di divinità superiori unitariamente venerate.
An, Enlil ed Enki sono le principali divinità del pantheon sumero; assieme a Ninhursanga, la madre Terra, ad Inana, la dea della vegetazione, dell’amore e della guerra, ad Utu, il dio del Sole e a Suen, il dio della Luna, essi dirigono le sorti dell’universo, decidono i destini dell’uomo ed hanno in mano i “me” (potenza sovraumana). Questi sono i sette grandi dèi spesso nominati assieme nella letteratura religiosa e che compongono il nucleo dell’assemblea celeste retta da Enlil.
Attorno a questi grandi dèi c’è tutto un corteo di divinità minori, le quali sono elencate nelle Liste di dèi secondo un principio strettamente gerarchico. I sumeri, riflettendo sull’organizzazione del mondo celeste, non hanno fatto altro che proiettare il loro sistema statale fondato sul principio monarchico.Tratto da “I sumeri” di Giovanni Pettinato. Edizione Bompiani
L’ordinamento del pantheon riflette l’organizzazione sociale sumera, ne consegue una raffigurazione dell’assemblea divina equiparabile a quelle degli uomini, ovvero basata sul principio monarchico. L’assemblea degli Anunna (termine che identifica” i figli di An” o la prole divins) è composta generalmente da sette divinità superiori preposte al compito di decidere i destini di uomini e dèi. An è il dio della volta celeste e il capo teorico del pantheon sumerico, nonostante ciò l’effettiva eccellenza ricade su Enlil, colui che esercita la sovranità sulla Terra e che di fatto controlla le creature che vi vivono sopra. Enki, invece, è il dio benevolo che risiede nell’Apsu, l’abisso sotterraneo che custodisce le acque dolci che alimentano la vita. Tra le divinità più importanti c’è anche Ninhursag, la madre di tutti gli esseri creati, e le divinità astrali Utu, Suen e Inanna, associate rispettivamente al Sole, alla Luna e a Venere. Le divinità sumere vennero concepite ragionando sulle manifestazioni della natura, ciò nonostante furono immaginate in forma antropomorfa fin dal periodo protostorico e con peculiarità legate alla sfera dei sentimenti tipiche del comportamento umano. I sumeri sentirono il bisogno di dare un significato all’esistenza perciò elaborarono infinite spiegazioni che potessero descrivere il perché delle cose, delle manifestazioni della natura e degli eventi che interessarono le vicende dell’uomo. Venne perciò immaginata l’esistenza di altre divinità minori, circa un centinaio, preposte a sovraintendere ad ogni manifestazione della natura e ad ogni attività svolta dall’uomo.
Prima di tutto occorre però notare come la rivoluzione urbana, con la sua più spinta differenziazione delle specializzazioni lavorative, si rifletta nell’emergere di una religione politeista, rispetto ad una religiosità più centrata sul solo problema della riproduzione (umana, animale e vegetale) quale meglio si attagliava alla società neolitica Il pantheon è concepito come internamente strutturato secondo i rapporti antropomorfi della parentela, della gerarchia, e della specializzazione funzionale. C’è insomma un dio che soprintende ad ogni tipo di attività (uno per l’agricoltura, uno per la pastorizia, uno per la scrittura, uno per la medicina, e così via), e tutti insieme collaborano pur nella diversa collocazione di rango. Anche le strutture decisionali (con un dio supremo e un’assemblea divina) hanno evidente carattere antropomorfico…
Tratto da “Uruk, la prima città” di Mario Liverani. Editori laterza
L’origine degli dèi e del mondo
Gli dei sumeri sono la personificazione degli elementi e delle manifestazioni della natura, nonostante ciò furono rappresentati in forma antropomorfa fin dal periodo protostorico. I convincimenti religiosi degli antichi sumeri si dividevano sostanzialmente in due grandi scuole di pensiero, quella di Nippur e quella di Eridu.
La maggior parte dei testi religiosi suppone la primordiale esistenza di due divinità primordiali, An e Ki (Ninhursang), rispettivamente associate al cielo e la terra e molti miti cosmogonici iniziano descrivendo la separazione di questi due elementi operata da loro figlio Enlil, associato all’aria. La separazione di cielo e terra è un tema ricorrente nel mondo antico, tant’è che nel III millennio a.C., o forse prima, venne assorbito e rielaborato anche dalla dottrina egizia di Eliopoli, basti ricordare la separazione di Geb (terra) e Nut (cielo) operata dal padre Shu (l’aria).
Riguardo l’origine delle divinità primordiali esiste una significativa disparità di vedute.
La dottrina di Nippur sosteneva l’esistenza di un mondo embrionale che al suo interno conteneva tutti elementi necessari alla vita, seppur in stato latente. Dal mondo embrionale nacquero An (cielo) e Ki (terra), in una forma avviluppata che i sumeri immaginavano avere la forma di montagna (An-ki). Dall’unione di An e Ki, nacque Enlin (l’aria), colui che di fatto operò la separazione del cielo e della terra stabilendo le condizioni necessarie ad ospitare la vita. An “tirò” il cielo verso di sé, mentre Enlil “tirò” giù la terra. Dall’incesto di Enlil e Ki nacquero tutti gli esseri viventi, la progenie degli dei, gli uomini e tutte le creature viventi del pianeta. La supremazia di Enlil non viene mai messa in discussione e si può affermare senza esitazione alcuna che fu lui la divinità più importante del mondo sumero.
Dopo la separazione di terra e cielo, Enlil creò le divinità astrali del firmamento, il dio Nanna (associato alla Luna, chiamato “suen” durante il periodo accadico), Utu (il sole) e Inanna (Venere). Enki, invece, nacque in un secondo momento dall’unione di An e Nammu, la dea della creazione associata all’oceano delle acque dolci sotterranee. L’origine di Nammu non è ben documenta dalla mitologia sumera, probabilmente ebbe una maggior importanza durante l’epoca protostorica.
La dottrina di Eridu prevedeva invece l’esistenza di un duplice principio creativo, le acque dolci dell’Apsu e le acque salate del mare. Dall’unione delle acque ebbe origine il cielo, la terra e le acque fluttuanti, dai quali in seguito vennero generati Enlil ed Enki.
L’origine dell’uomo
Secondo le concezioni sumere vi fu un tempo in cui una parte degli dèi fu costretta a lavorare sulla Terra per garantire il sostentamento dei loro progenitori, per cui l’assemblea divina decise di creare l’uomo, un sostituto che potesse sollevare gli dèi minori dai loro pesanti obblighi. Leggendo “l’Inno alla zappa“, un importate testo creazionistico elaborato nel centro di culto di Nippur, apprendiamo un concetto cardine dell’intera cultura mesopotamica:
“l’uomo esprime la sua natura divina e porta a termine il suo destino attraverso il lavoro”
Non è certo un caso che le prime città della storia siano sorte nel IV millennio a.C. presso un popolo che esprimeva la sua origine divina attraverso il lavoro.
Tra i tanti reperti archeologici che possono documentare questo convincimento religioso voglio ricordare la lastra di Ur-Nanshe esposta al Museo del Louvre di Parigi (III millennio a.C). Le lastre di pietra forate sono elementi votivi decorati in rilievo con incisioni e narrazione figurative scolpite
L’iscrizione sulla lastra in questione presenta il nome di Ur-Nanshe, il primo sovrano dell’antica città-stato sumera di Lagash. L’iscrizione recita:
“Ur-Nanshe, re di Lagash, figlio di Gunidu, ha costruito il tempio di Ningirsu, ha costruito il tempio di Nanshe; costruì Apsubanda “.
Il registro superiore mostra Ur-Nanshe, di dimensioni doppie rispetto agli altri uomini, mentre contribuisce alla costruzione di un nuovo santuario trasportando un canestro di mattoni sulla testa. Il re è accompagnato da moglie, figli e alti funzionari, ognuno dei quali identificato con il proprio nome inciso sulla veste. Nel registro inferiore il re di Lagash compare ancora una volta circondato dalla sua corte mentre presiede il banchetto rituale che commemora la costruzione del tempio. Questa lastra sottolinea la convinzione che il lavoro avvicina l’uomo alle sue divinità, dato che con ciò può compiacere gli dèi e assolvere al compito per cui è stato creato.
L’archeologia ha documentato l’enorme attaccamento dei sumeri alle loro divinità principali e il fatto che la maggior parte di queste fosse legata ad una città. I sumeri credevano che la “regalità” fosse un dono che gli dèi fecero scendere dal cielo per sollevare l’uomo dal misero stato in cui versava durante le fasi che precedettero il processo di civilizzazione, perciò i sovrani sumeri non dimenticarono mai di sottolineare attraverso le loro opere che i destini di un regno, politici o militari che fossero, erano soggetti alla benevolenza della divinità protettrice della città e al controllo di Enlil, il capo indiscusso del pantheon sumero. Gli scavi nei templi dedicati alle divinità hanno documentato l’estrema religiosità dell’uomo sumero, portando alla luce molte statuette che poi vennero chiamate “statue degli oranti” per via della posizione di preghiera che le caratterizza. Queste statue venivano collocate nei templi degli dèi in modo da rappresentare continuamente l’orante, dato che la persona reale non avrebbe potuto adempiere al suo debito di preghiera in quanto occupata dalle faccende del lavoro per la maggior parte del suo tempo.
In merito a come avvenne la creazione dell’uomo e quali fossero le divinità che vi parteciparono esiste una significativa disparità di vedute. La tradizione di Nippur attribuisce la creazione dell’uomo a Enlil. L’Inno alla zappa contiene una delle versioni più significative: Enlil scavò un buco nel terreno e fece in modo che gli uomini potessero crescere dal suo interno come germogli; in un secondo momento gli donò lo spirito vitale per distinguerli da tutte le altre creature del pianeta. La creazione dell’uomo concepita dalla tradizione di Eridu, invece, attribuisce il merito dalla creazione alla sapienza di Enki. Secondo quanto scritto nel mito di Enki e Ninmah, il dio dell’Apsu creò la matrice umana, per poi lasciare che la creazione fosse ultimata dalla madre Nammu con l’argilla.
L’aldilà
Anche i sumeri si preoccuparono di comprendere quale fosse la sorte dell’uomo dopo la morte. Immaginarono un mondo sotterraneo contrapposto a quello dei vivi governato da leggi severe, prima tra tutte quella che impedisce di il ritorno al mondo dei vivi a tutti coloro che vi fossero entrati. Gli inferi sono controllati dalla dea Ereshkigal e dai sui demoni, un ordinamento descritto in modo esaustivo nel mito “Inanna agli Inferi”. La sorte dell’uomo che varca i confini degli inferi, invece, è documentata in diverse fonti, tra cui cito il poema di origine sumera, “Gilgamesh, Enkidu e gli Inferi”. Tutte concordano su un fatto <<L’aldilà non è un luogo beato>>.
Non fa meraviglia che essi abbiano cercato in tutti i modi di prolungare la vita terrena: la più grande benedizione era quella di raggiungere un’età molto avanzata. La triste sorte che li aspettava nell’aldilà li spronava a immortalarsi in questa vita con opere imperiture, e la tematica presente in tutti i poemi sumerici di Gilgamesh è appunto il <<raggiungimento di un nome duraturo e perenne>>.
Tratto da “I sumeri” di Giovanni Pettinato. Edizione Bompiani
Lettura tematica consigliata
fonti:
“I sumeri” di Giovanni Pettinato. Edizione Bompiani
http://www.louvre.fr/en/oeuvre-notices/perforated-relief-king-ur-nanshe
http://www.britishmuseum.org/research/collection_online/collection_object_details/collection_image_gallery.aspx?assetId=32572001&objectId=368706&partId=1
https://it.wikipedia.org/wiki/Mitologia_sumera