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Enki è il terzo membro della triade cosmica del pantheon sumerico e il protettore di Eridu, una delle città più antiche della Mesopotamia; secondo i principi della mitologia sumera è il signore dall’Apsu, l’abisso sotterraneo che contiene le acque dolci necessarie alla vita. Il cielo è invece dimora del padre non egemone An, mentre l’effettiva supremazia del pantheon ricade su Enlil, colui che di fatto controlla le sorti del mondo e i destini dell’uomo governando lo spazio frapposto tra la terra e il cielo.
L’etimologia del nome “Enki” non è certa; il termine sumero “en” significa “signore”, mente il termine “ki” significa “terra”, tuttavia il semplice accostamento di queste due parole non parve pertinente con gli attributi mitologici di questa divinità pertanto fu proposto un significato alternativo. Il termine “ki” potrebbe essere una deformazione della parola “kig”, un’espressione che compare anche nella forma dialettale emesal del verbo sumero “ki aĝ”, che significa “amare”; il termine potrebbe allora esprimere in senso ampio un sentimento di amore o benevolenza e in tal caso il nome di Enki significherebbe “Signore benevolo”, una denominazione assai più coerente con i suoi attributi mitologici.
Le prime rappresentazioni artistiche del dio Enki risalgono alla fine del III millennio a.C. e in particolare compaiono sui piccoli sigilli cilindrici utilizzati per “firmare” i documenti economici e amministrativi (immagine a fondo pagina). L’iconografia usuale mostra Enki con il copricapo con le corna che distingue le divinità dell’Antica Mesopotamia, con una lunga barba e con due torrenti d’acqua che si congiungono alle sue spalle. Spesso è ritratto in compagnia del suo messaggero Isimud (o Usmu), una divinità bifronte raffigurata anche in sembianze di uomo-uccello.
Enki è il dio sumero dell’acqua e della civilizzazione, della conoscenza (gestú), dell’artigianato (gašam) e della creazione (nudimmud). Il ruolo di Enki nel fertilizzare le terre della Mesopotamia è raccontato in importanti testi letterari risalenti alla III dinastia di Ur. Il mito sumero “Enki e Ninhursanga” descrive la bonifica delle terre paludose di Tilmun operata da Enki mediante l’utilizzo delle acque dolci dall’Apsu. I sumeri credevano che l’acqua dolce delle fonti, dei fiumi, dei laghi e dei pozzi provenisse in realtà dall’Apsu, un primordiale oceano abissale collocato al di sotto della superficie terrestre e che Enki fosse il controllore di questa preziosa risorsa. La perfetta gestione delle risorse idriche, insieme ad altre innovazioni tecniche e sociali, favorì lo sviluppo urbano dei centri abitanti sumeri pertanto Enki venne considerato anche il dio civilizzatore per eccellenza.
Il ruolo di Enki come civilizzatore è descritto nel mito “Enki e l’ordine del mondo”, un testo che descrive la riforma operata da Enki al fine di garantire il benessere e lo sviluppo sociale dell’Antica Mesopotamia assegnando il controllo dell’ambiente naturale e delle attività svolte dall’uomo a specifiche divinità tutelari: il Tigri e l’Eufrate a Enbilulu, le paludi del Sud ad Ab-ša-muru, la pioggia a Iškur, la divisione dei terreni agricoli a Nisaba, l’andamento generale dell’agricoltura a Enkimdu, i cereali e la tessitura ad Ašnan e Uttu, le terre da pascolo e gli ovini a Sakkan e Dumuzi, la fabbricazione dei mattoni e l’architettura a Kulla e a Mušdama, il catasto dei beni divini (le rendite delle attività agricole e pastorali) a Utu, il parto ad Arunu-Nintu, infine il mare, i pesci e gli uccelli marini a Nanše.
L’interesse di Enki per le vicissitudini umane e la sua azione tutelare viene riproposta anche nel “mito di Ziusudra”, la prima epica del diluvio. Nonostante una considerevole parte di tento mancante si apprende che gli dèi decisero di inviare un diluvio per distruggere l’umanità. Il dio Enki avvertì segretamente il sovrano di Shuruppak dell’imminente catastrofe, invitandolo a costruire una grande barca al fine di mettere in salvo. Il passaggio che contiene le istruzioni per la costruzione della barca è andato perso. Quando il testo riprende viene descritto il diluvio, una terribile tempesta che imperversò per sette giorni. Al termine del Diluvio Utu (il dio del Sole) si manifestò a Ziusudra, che a sua volta sacrificò un bue e una pecora in suo onore. Dopo un’altra parte mancante il testo riprende con Ziusudra chiamato al cospetto degli dèi An e Enlin, che gli fecero il dono dell’immortalità per essere scampato alla sentenza divina e per aver prolungato i giorni degli uomini sulla terra. In fine gli dèi portarono Ziusudra ad abitare in Dilmun, il leggendario giardino dell’eden. Il resto del poema è andato perduto.
Il principale santuario di Enki era l’E-abzu di Eridu, uno ziggurat circondato dalle terre paludose del delta dell’Eufrate.
Il culto di Enki venne in seguito assorbito dagli Accadi, dagli Assiri e dai Babilonesi con il nome di Ea, mentre i suo attributi mitologici rimasero grossomodo invariati.
https://it.wikipedia.org/wiki/Enki
http://oracc.museum.upenn.edu/amgg/listofdeities/enki/index.html