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I sumeri esplorarono il significato dell’esistenza interrogandosi sull’origine di tutte le cose e con le loro interpretazioni crearono una profonda e complessa mitologia che in seguito venne assorbita e rielaborata dalle successive civiltà mesopotamiche e non solo. An, Enlil, Enki, Ninhursag, Inanna, Utu e Suen sono le divinità principali del pantheon sumero, essi dirigono le sorti dell’universo e i destini dell’uomo. A questo gruppo va aggiunta una nutrita schiera di divinità minori, generalmente elencate secondo un principio strettamente gerarchico. Le divinità sumere vennero concepite ragionando sulle manifestazioni della natura, ciò nonostante furono immaginate in forma antropomorfa fin dal periodo protostorico e con peculiarità legate alla sfera dei sentimenti tipiche del comportamento umano.
I sumeri sentirono il bisogno di dare un significato all’esistenza perciò elaborarono infinite spiegazioni che potessero descrivere il perché delle cose, delle manifestazioni della natura e degli eventi che interessarono le vicende dell’uomo. La mitologia sumera, al pari di tutte le altre, nacque dunque per spiegare le circostanze per le quali una realtà è venuta ad esistere.

Il mito narra una storia sacra; riferisce un avvenimento che ha avuto luogo nel Tempo primordiale, il tempo favoloso delle « origini ». In altre parole, il mito narra come, grazie alle gesta degli Esseri Soprannaturali, una realtà è venuta ad esistenza, sia che si tratti della realtà totale, il Cosmo, o solamente di un frammento di realtà: un’isola, una specie vegetale, un comportamento umano, un’istituzione. Il mito quindi è sempre la narrazione di una « creazione »: riferisce come una cosa è stata prodotta, ha cominciato ad essere. Il mito parla solo di ciò che è accaduto realmente, di ciò che si è pienamente manifestato.
Tratto da “Mito e realtà” di Mircea Eliade

Testa di pecora sumera del periodo protodinastico (circa 3500-3000 a.C.). Kimbell art Museum. Questa testa realistica proviene da una scultura completa probabilmente esposta in un tempio, ma il suo preciso scopo rituale è sconosciuto. Agnelli sacri sono associati alla dea madre Ninhursanga. è stato suggerito che la pecora simbolizzi Duttur, la madre di Dumuzi, che era un dio importante del latte, del pastore e degli inferi. I templi sumerici possedevano grandi appezzamenti di terreno e erano molto coinvolti nell’allevamento e nelle pratiche agricole. La pastorizia è un tema ricorrente nella prima arte sumera.

Dagli scritti recuperati si è appreso quali fossero le concezioni teologiche e scientifiche degli antichi sumeri, nonché tutto o quasi riguardo la loro complessa organizzazione sociale e politica.
“Tenzone tra pecora e grano” è un testo sumero che descrive la genesi di due divinità ritenute fondamentali per lo sviluppo della società umana: Asnan, il grano, e Uttu, la dea della filatura della lana. Secondo il mito queste divinità non furono generate fin dal principio, pertanto gli uomini, non conoscendone i benefici, dovettero vivere per un lungo periodo come le bestie, senza pane e senza vestiti. Gli déi modificarono questa condizione creando la pecora e il grano e infondendo nell’uomo lo spirito divino sicché potesse lavorare, per sostenere al contempo i propri bisogni e quelli degli dei.
Da questo mito emerge una straordinaria consapevolezza della condizione umana primitiva e delle circostanze che hanno favorito l’evoluzione tecnologica e sociale dell’uomo durante la Rivoluzione neolitica. La genesi delle divinità Asnan e Uttu venne elaborata per spiegare l’evoluzione delle prime società agricole neolitiche e la trasformazione tecnologica e sociale avvenuta grazie alle acquisite capacità agricole e pastorali.
L’uomo imparò poco a poco ad addomesticare le piante e gli animali selvatici per produrre in maniera autonoma il cibo necessario alla propria sussistenza, inoltre con il passare del tempo escogitò dei sistemi per migliorare il rendimento delle proprie attività e tecniche speciali per trasformare e fare scorta delle materie prime creando i primi sistemi economici basati sulla specializzazione del lavoro e sul baratto (rivoluzione neolitica secondaria). Queste innovazioni modificarono l’organizzazione pubblica dei villaggi che nel corso dei secoli si strutturano diventando veri e propri agglomerati urbani caratterizzati da un’elevata stratificazione sociale. Le tappe fondamentali di questo processo, durato all’incirca 7000 anni, sono state mese in luce dall’indagine archeologica identificando i principali centri di sviluppo e di diffusione delle innovazioni sopracitate all’interno di una vasta area geografica che si estende a falce di Luna dal Mar Rosso al Golfo Persico.

 

“Tenzone tra pecora e grano”
 tratto da Mitologia sumerica (classici della religione), edizione UTET

1 Sulla monta del cielo e della terra
allorché An ebbe generato gli dèi Anunna,

poiché egli non generò al contempo Asnan, non la fece
[germogliare,
poichè nel paese egli non creò il filo di Uttu,
5 e ad Uttu una fossa non scavò,

una pecora ancora non era venuta alla luce, gli agnelli non si
[moltiplicavano,
una capra non era venuta ancora alla luce, i capretti non si
[moltiplicavano,

la pecora non figliava gemelli,
la capra non figliava trigemini.

10 Poichè Asnan che riempie i granai, e la pecora
gli Anunna, i grandi dèi, non conoscevano,

non c’era orzo-semus di trenta giorni,
non c’era orzo-semus di quaranta giorni,
non c’era orzo-semus di cinquanta giorni,
15- non c’era orzo piccolo, orzo di montagna, orzo-adamku,

non c’erano vestiti per coprirsi,
Uttu non era ancora nata, la corona non veniva ancora portata,

Ennimgirsi, Enkalkal non erano ancora nati,
Sakkan non andava ancora fuori verso la steppa.

20 L’umanità primordiale
non sapeva mangiare il pane,

non sapeva coprirsi con vestiti,
il popolo andava a quattro zampe,

mangiava erba con la bocca come le pecore,
25 beveva acqua dai fossi;
allora nel posto dove gli dèi vennero all’asistenza,
nella loro casa, nella santa collina, fecero germogliare la pecora
[e il grano,

nel santuario in cui gli dèi mangiano, essi si raccolsero:
dell’abbondanza della pecora e del grano,

30 gli dèi Anunna della santa collina mangiano,
ma non riescono a saziarsi;

il buon succo del loro puro ovile
gli dèi Anunna della santa collina bevono,
ma no riescono a saziarsi;

35 nel puro ovile, allora, essi per il proprio bene
soffiarono nell’umanità lo spirito vitale.

Allora così parlò Enki ad Enlil:
<<Padre Enlil, la pecora e il grano

che già sono germogliati nella Santa Collina
40 facciamoli scendere dalla Santa Collina sulla terra!>>

Grazie alla pura parola pronunciata da Enki e da Enlil
la pecora e il grano scesero dalla Santa Collina sulla terra.

la pecora e il grano scesero dalla Santa Collina sulla terra.

Domesticazione di piante e animali in epoca neolitica

Orzo. fonte immagine

Per anni si è creduto erroneamente che l’adattamento ad uno stile di vita sedentario fosse avvenuto parallelamente all’introduzione delle prime attività agricole, le indagini archeologiche hanno invece dimostrato che l’agricoltura venne scoperta e perfezionata gradualmente molti secoli dopo lo sviluppo dei primi insediamenti stabili.
L’iniziale condizione di prosperità ottenuta dalle società natufiane mesolitiche in aree isolate ricche di risorse del Levante venne presto minacciata dal continuo aumento demografico che nelle aree limitrofe agli insediamenti stabili produsse una costante riduzione delle risorse alimentari inversamente proporzionale all’aumento della popolazione. I fattori che hanno favorito l’introduzione delle attività agricole attorno al 9.000 a.C. a scapito di quelle di caccia e raccolta non sono chiari; sta di fatto che le società stanziali scoprirono, forse per caso, che alcuni terreni permettevano lo sviluppo delle piante, indipendentemente dal fatto che il seme fosse stato portato dall’uomo o dalla natura. Nell’arco di molto tempo vennero selezionate le piante migliori, ottenendo controparti domestiche superiori alle forme selvatiche per qualità e rendimento. La selezione delle piante più adatte ad essere coltivate avvenne probabilmente in maniera inconsapevole raccogliendo gli esemplari che producevano i semi più grandi e le spighe di cereali intere. Le mutazioni delle piante selvatiche verso la forma domestica fu invece favorita dal fatto che le piante selezionate e gli esemplari mutati furono protetti attraverso le pratiche di coltivazione che ne annullavano gli svantaggi evolutivi e riproduttivi.
L’incremento demografico rappresentava una seria minaccia per tutte quelle comunità sostenute da un regime alimentare basato esclusivamente sulla caccia e sulla raccolta dei frutti della natura, indipendentemente dal fatto che fossero nomadi o stanziali. Al contrario, l’incremento della popolazione divenne il punto di forza delle società agricole emergenti, dato che queste potevano impiegare la crescente forza lavoro nelle cicliche attività di semina e raccolta, producendo un costante surplus alimentare che veniva immagazzinato. Il surplus alimentare fu alla base della specializzazione del lavoro dato che poteva sostenere anche coloro che non erano impiegati nella produzione di risorse alimentari, così gli abitati si strutturarono ulteriormente e fiorirono numerose attività artigianali. E’ in questa fase che l’industria litica abbandonò la tecnica mesolitica dei microliti. In Siria, nei siti archeologici di Tell Aswad e Mureybet, sono emerse le tracce di una precoce società agricola datata tra il 9.500 e il 8.700 a.C. che anticipa di alcuni secoli quella di Tell-el Sultan (8.500-7.500 a.C.).
L’introduzione delle prime attività agricole produsse una rapida trasformazione dei villaggi neolitici che si strutturarono con belle case rotonde di mattoni crudi su fondamenta di pietra, spazi dedicati alle tecniche speciali, silos per lo stoccaggio dei prodotti e cisterne. Parallelamente allo sviluppo urbano iniziarono a circolare una grande quantità di prodotti: comparvero il sale, lo zolfo e il bitume del Mar Morto, la nefrite e altre rocce vulcaniche dell’Anatolia, i turchesi del Sinai e le conchiglie del Mar Rosso. Questi indizi dimostrano che accanto allo sviluppo della “cultura dei cereali” si ebbe anche una “rivoluzione della circolazione” e lo sviluppo di vere e proprie attività commerciali.

Le analisi sui resti faunistici recuperati in svariati siti archeologici della Mezzaluna Fertile hanno permesso di datare i primi tentativi di rendere in cattività la pecora tra 8.500, ma la completa domesticazione dei caprovini avvenne soltanto tra  7.500 a.C. e il 6.000 a.C.. L’esperienza maturata dall’aver ridotto in cattività pecore e capre incoraggiò poi la domesticazione dell’uro, un grande bovino estinto diffuso in Medio Oriente e in Europa.
Determinate caratteristiche fisiche e comportamentali fanno sì che ovini e bovini possano essere addomesticati più facilmente rispetto a molte altre specie animali. Questi mammiferi hanno un’indole relativamente docile e non fuggono difronte ai minimi segnali di pericolo, inoltre sviluppano facilmente un sentimento di confidenza nei confronti dell’uomo. Questi animali preferiscono vivere in branco e non seguono rituali di accoppiamento complessi. L’allevamento di bovini e ovini si presta inoltre ai ritmi di vita dell’uomo dato che hanno una gestazione abbastanza veloce e i piccoli raggiungono rapidamente la taglia degli esemplari adulti. La domesticazione non è un fatto scontato, può avvenire con successo soltanto con un numero ristretto di specie animali e nella Mezzaluna Fertile convivevano quelli più adattabili a questo processo. La domesticazione non fu semplice perché lo choc della cattività è normalmente causa di malattie degenerative e d’infertilità, perciò il processo deve essere avvenuto obbligatoriamente per gradi, incrociando gli animali già addomesticati con i corrispettivi selvatici fino al conseguimento di una popolazione pienamente domestica.  Altre specie erbivore come i daini e cervi che popolavano in gran numero l’Europa centrale non si prestarono mai ad essere addomesticati a causa dei loro complessi rituali di accoppiamento.
L’utilizzo degli erbivori come fonte alimentare si dimostrò molto vantaggiosa perché la dieta di questi mammiferi non entrava in competizione con quella dell’uomo e l’apporto energetico fornito

delle carni è superiore a quella che si può ricavare dagli animali carnivori in virtù del fatto che i principi nutritivi si riducono di circa un decimo per ogni passaggio di livello trofico.

L’orzo e la lana nell’economia sumera

L’orzo e la pecora erano gli elementi principali dell’economia sumera. In Bassa Mesopotamia l’orzo venne selezionato come cereale principale a partire dal periodo antico-Ubaid in virtù della sua maggiore rapidità di maturazione e maggiore tolleranza ai suoli salinizzati. Dal punto di vista dietetico non era il cereale più apprezzato ma le sue caratteristiche permettevano un migliore incastro temporale con il ciclo fluviale. Nell’area del delta le piene tardo primaverili rappresentavano una minaccia per tutte le colture prossime alla maturazione perciò venne selezionato il cereali con la maturazione più veloce in modo che la mietitura potesse anticipare le possibili esondazioni dei canali. La mietitura anticipata dell’orzo scongiurava anche il rischio rappresentato dall’arrivo delle cavallette nei mesi estivi. L’orzo veniva piantato sul 90% della superficie messa a coltura nelle terre del Sud, mentre in Alta Mesopotamia la scelta era più bilanciata, 60% di orzo e 40% di frumento e altri cereali.  L’orzo, oltre ad essere l’elemento principale della dieta sumera, era utilizzato per pagare i lavoratori a corvèe che con impiego stagionale si occupavano della semina e della raccolta. Il tempio gestiva la produzione agricola e la ridistribuzione dei raccolti con un sistema simile a quello feudale. I dipendenti fissi erano pochissimi, mentre per le operazioni di raccolta e trasporto si reclutavano centinai di lavoratori stagionali. La manodopera necessaria veniva finanziata con razioni di orzo; la facilità di immagazzinamento, conservazione e ridistribuzione fecero di questo cereale un ottima moneta di scambio.
Il tempio distribuiva ai suoi dipendenti anche razioni di lana, o abiti già confezionati, pertanto curava anche la produzione dei tessuti. La fase dell’allevamento era affidata ai pastori che seguivano la transumanza del bestiame ed era controllata con cadenza annuale. Questa fase non richiedeva molti lavoratori dato che un singolo pastore poteva gestire in autonomia un gregge di 100 o 200 pecore. La tosatura richiedeva una maggiore concentrazione di manodopera che veniva finanziata con le retribuzioni a razioni, come avveniva per la mietitura dell’orzo. La filatura invece veniva affidata alle donne e alle bambine con un sistema che per certi versi può essere definito schiavile.

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Fonti:
“Uruk, la prima città” di MArio Liverani, Editori Laterza
“Mitologia sumerica” (classici della religione), edizione UTET
“Mito e realtà” di Mircea Eliade
https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=35779

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