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Ollantaytambo è un’antica cittadella inca situta nella Valle Sacra, a metà strada tra la capitale Cuzco e Machu Picchu; comprende complessi astronomici e religiosi, centri amministrativi, zone urbane e terreni destinati all’agricoltura. La sua posizione privilegiata all’interno della Valle Sacra non è assolutamente casuale, ma è stata scelta con maniacale attenzione. La conformazione di queste montagne, in relazione ai movimenti stagionali del Sole, permette il verificarsi di numerosi giochi di luce in corrispondenza dei giorni equinoziali e solstiziali. Gli antichi notarono che esisteva una relazione tra i cicli astronomici e quelli biologici e misero appunto dei sistemi per poterli monitorare. Le alte vette andine venivano usate come punti di riferimento per le osservazioni astronomiche, e in base a quest’ultime venivano programmate tutte le attività agricole. Gli astri come il Sole, la Luna e le stelle erano lo specchio in cui si riflettevano i cicli vegetativi, coi loro ritmi di semina, crescita e raccolta. In questo articolo descriverò “il risveglio del lama”, un particolare fenomeno luminoso che si configura ogni anno all’alba del solstizio d’inverno.

Ollantaytambo lama
fig.1 Terrazzamenti di Ollantaytambo. La forma richiama volutamente l’aspetto di un lama.

Molti centri urbani costruiti dagli inca furono progettati in maniera da riprodurre l’aspetto di animali ritenuti sacri. I terrazzamenti di Ollantaytambo riproducono la sagoma del lama, un camelide tipico del Sud America e molto utilizzato dalle antiche società andine. La pianta di Cuzco, per esempio, fu progettata per ricalcare l’immagine di un Puma, anche se oggi la figura non è più distinguibile in quanto la città inca è stata inghiottita dall’urbanizzazione coloniale. Ad Ollantaytambo, nel giorno del solstizio d’inverno (21 giugno-nell’emisfero australe le stagioni sono invertite) avviene un vero e proprio miracolo. Dopo l’alba, i primi raggi di Sole che illuminano la valle, vanno a cadere in prossimità del tempio del Sole, nella zona che corrisponde idealmente all’occhio del lama, animando simbolicamente il suo risveglio.

Ollantaytambo risveglio del lama
fig.2 Terrazzamenti di Ollantaytambo all’alba del solstizio d’inverno. fonte immagine “Cuzco e la valle sacra degli inca” di Ferdenando e. Elorrieta Salazar e Edgar Elorrieta Salazar.

Per meglio comprendere l’importanza di questa rappresentazione simbolica bisogna sapere che il lama veniva identificato dagli inca in una specifica regione del cielo notturno. Tuttavia la sua forma non veniva riconosciuta raggruppando le stelle in una costellazione, bensì in una regione buia della volta celeste. Se vi è capitato di osservare la Via Lattea in una notte particolarmente limpida vi sarete accorti che la luminosità al suo interno è distribuita in maniera eterogenea. Le zone più scure, però, non sono determinate dalla presenza di un minor numero di stelle, ma da enormi ammassi di polveri galattiche che si frappongono tra la terra e il centro galattico, ostacolando la visione di miliardi di stelle. E’ in queste zone buie della Via Lattea che gli inca riconoscevano la forma del lama e di altri animali. Le stelle Alpha e Beta Centauri, invece, venivano considerate gli occhi dell’animale. La foto sottostante l’ho scattata dell’osservatorio astronomico di Chivay. Ho evidenziato il contorno della figura per rendere più facile il riconoscimento del lama celeste.

fig.3 Costellazione oscura del lama secondo la tradizione inca. Gli occhi del lama sono rappresentati dalle stelle Alpha e Beta Centauri.

Il risveglio del Lama è la rappresentazione simbolica di un periodico avvenimento astronomico. Ora vorrei che prestaste particolare attenzione a questo mito Inca trascritto da Francisco de Avila nel 1598, questa credenza fu registrata anche nei resoconti di Barnabè Cobo:

tratto da “Cuzco e la valle sacra degli inca” di Ferdenando E. Elorrieta Salazar e Edgar Elorrieta Salazar.
“…dicono che yacana (il lama celeste), è come l’ombra di un lama o un sosia di questo animale che cammina nel centro del cielo. E’ molto grande ed è più nero del cielo notturno. Ha il collo alto e due occhi..dicono anche che scende a bere l’acqua del mare quando non è possibile che lo vedano e lo sentano; perché se non bevesse quest’acqua il mondo intero rimarrebbe inondato. Inoltre dicono che abbia un cucciolo e quando questo inizia a poppare si sveglia…”

Per comprendere il linguaggio simbolico di questo mito bisogna sapere che la costellazione oscura del lama celeste raggiunge la sua massima altezza nel cielo notturno (massima declinazione) nel mese di aprile. La sua fase calante, invece, diventa evidente nel mese di giugno, in questo senso il lama “si sveglia”, si rivitalizza, iniziando la discesa verso l’orizzonte. Nel mese di ottobre raggiunge il suo punto più basso e in questo periodo la testa della costellazione oscura, e i suoi occhi formati da Alpha e Beta centauri, spariscono sotto l’orizzonte.

Muro dei sei monoliti, all’interno del centro cerimoniale illuminato dal Sole all’alba del solstizio d’inverno (“occhio del lama”).

Dopo aver raggiunto il punto più basso ad ottobre inizia lentamente a risalire e continua farlo fino al successivo mese di aprile in cui raggiunge nuovamente la massima altezza nel cielo notturno. Tutto è perfettamente coerente; nei mesi che vanno da giugno ad ottobre in Perù non piove praticamente mai, mentre da novembre ad aprile le precipitazioni sono abbondanti. Secondo il mito, il lama si sveglia a giugno e inizia la sua discesa alla ricerca di acqua per far fronte al periodo di siccità, mentre ad ottobre, quando raggiunge il punto più basso nel cielo si disseta con l’acqua del mare annunciando la fine alla stagione secca. Nel periodo che va da ottobre ad aprile risale lentamente, e lo fa scaricando sulla terra tutta l’acqua che aveva bevuto dal mare ponendo fine alla stagione secca. Questo è un mito straordinario che testimonia l’incredibile consapevolezza che gli inca avevano dei fenomeni meteorologici. Grazie ad uno straordinario legame con la natura avevano compreso che l’acqua che piove dal cielo proviene dal mare e al mare ritorna in un ciclo senza fine. Gli antichi, però, non potevano concepire le forze chimico fisiche che mettono in moto questo ciclo e per ciò nacque il mito. Questo mito nasce per dare una spiegazione alla realtà e grazie ad esso la realtà assumeva un significato.

Fonte:
“Cuzco e la valle sacra degli inca” di Ferdenando E. Elorrieta Salazar e Edgar Elorrieta Salazar.
“L’impero inca” di Michael E. Moseley, Newton & Compton edizioni

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Divulgatore storico esperto in archeoastronomia.
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